Le domus de janas non erano tombe

La Sardegna è una delle regioni con un grande patrimonio archeologico, purtroppo in parte ignorato, in altra parte vilipeso o distrutto e poi scopriremo perché, mentre altro ancora è stato strumentalizzato in funzione di un fine fuorviante ora da evidenziare.

La storia insegna un dato di fatto che nessuno può ignorare o cancellare, ed è il fatto che chi vince le guerre, o comunque detiene il potere, impone di fatto la storia scritta e creduta, quella che diventerà l’inviolabile versione ufficiale da sostenersi onde restare promossi a scuola, oppure non irrisi o additati dal gregge credente.

Quando i romani crearono il loro impero, ovunque passarono, imposero le loro logiche in funzione dei loro interessi; pertanto cancellarono e delegittimarono i credo precedenti. Nel nord Italia si assistette alla costruzione delle chiese e cappelle cattoliche, sopra le sacre are pagane onde farle scomparire. Tutto il precedente mondo doveva scomparire, motivato dal fatto che i romani erano portatori di pace e civiltà dove gli altri erano barbari e idolatri! Esattamente come oggi gli USA/NATO, portano la pace e la civiltà nel mondo.

1- Pinnetta sarda e domus de janas

Giunto in Sardegna il cattolicesimo militante, ma si potrebbe dire di stampo militare in quanto cambiava unicamente l’estetica della divisa, iniziò l’azione volta al nascondimento della realtà precedente, per lasciare spazio alla versione cattolico/romana a venire. Fu così che i sardi (ma non fa differenza altrove) furono indottrinati e andarono dimenticandosi le loro tradizioni per andare nella direzione dell’oscurantismo romano. Fu così che i sardi si dimenticarono delle loro tradizioni e degli UOMINI BLU.

GLI UOMINI BLU

In base a quanto rimasto della tradizione sarda precedente la civiltà nuragica, i sardi sostengono che in un lontano passato, in Sardegna sarebbero giunti da un lontano pianeta, gli uomini blu. Costoro, presso altri popoli erano considerati Dei, divinità o figli di Dio; in Sardegna erano considerati uomini blu. Sono quelli che avrebbero pacificamente instradato la popolazione ad un più alto livello di consapevolezza, più o meno come  riportato nei volumi del ricercatore e scrittore sardo, Raimondo De Muro: NURAGHELOGIA.

Evidenzio qui il fatto che in tutte le parti del pianeta le antiche popolazioni fanno riferimento alla venuta dei figli di dio o degli dei, che incontrarono le figlie degli uomini e indirizzarono l’umanità; ma andiamo oltre. La volontà cattolico romana impose nuove regole e tradizioni, ma le tracce storiche e archeologiche del  passato davano fastidio al regime romano. Tra le tante evidenze di un passato scomodo, in Sardegna vi erano tracce della avvenuta presenza dei giganti e, vi erano le domus de janas, case delle fate per la tradizione sarda.

Queste case scavate nella viva roccia in un periodo in cui gli scalpelli erano di rame o di bronzo, non consentivano di inserire agevolmente la nuova e cattolica tradizione sarda a venire. Non si poteva permettere che le domus de janas fossero considerate abitazioni; poiché non si poteva spiegare chi, come e quando le avessero realizzate, ma soprattutto non si poteva spiegarne la motivazione di fondo poiché la popolazione sarda viveva allora in sorta di capanne simili alla soprastante foto 1/A.

Un altro particolare andava però ad invalidare l’eventuale accettazione che le domus de janas fossero abitazioni della comune popolazione, ed era quello relativo alle dimensioni. Vi erano domus de janas dentro il quale gli umani ci sarebbero anche potuti stare, ma altre erano così piccole che una giustificazione non la consentivano e poi vi erano le domus sotterranee. Oltre a questo vi era poi un altro dato di fatto che presto sarebbe stato scoperto in base al quale emergeva la seguente domanda: quante ore lavorative sarebbero state necessarie ad un essere umano dotato di mazzetta e scalpello di bronzo, oppure di piccozza in pietra seppure più dura come si vorrebbe far passare ora, per realizzare ad esempio quanto nella foto 1/B?

E questo non è nulla in quanto altrove vi sono domus de janas assai più grandi, complesse, con percorsi e camere sotterranee, in un numero non coerente con la popolazione sarda. Poi vi erano le rifiniture e pitture artistiche che in una tomba buia e sottoterra, non hanno alcun senso e non si possono spiegare, perché non si possono vedere se non andando ad illuminarle. La sottostante è la tomba detta dell’Ureo di Tuvixeddu.

2- Chi dipingeva al buio?

La dittatura romana prese pertanto la decisione di far passare una verità che fosse meno scomoda; impose il fatto che le domus de janas erano tombe! Chi non accettava, era additato come servitore del demonio, un peccatore destinato al fuoco eterno! Il risultato fu che oggi il territorio sardo è costellato di cartelli stradali con tanto di indicazioni per raggiungere le domus de janas, con la dicitura: NECROPOLI!

Non ne abbiano a male i sardi, il mio intento non è quello dello svilire quanto è della realtà sarda, ma quello di mettere chiarezza dove non vi è. Per farlo, tra le altre cose sono andato a leggermi quanto scritto dal ricercatore sardo Raimondo De Muro e riportato nel libro: I racconti della nuraghelogia. Io ovviamente non posso sapere se Raimondo riportò il vero o il falso, in parte o in toto, ma non posso non accordare il principio di innocenza sino a prova contraria; pertanto andiamo a considerare cosa affermò:

Volume VI  da NURAGHELOGIA

LXXX

Gli stranieri venuti dal mare seppelliscono i loro morti, in tombe di pietra o in rocce con fosse di ogni forma e di ogni grandezza e calano il cadavere vestito con armi e gioielli e piatti di cibo, perché credono in superstizioni di Dei mal fatti e mal pensati. Il sardo non prenda esempio di questi costumi falsi che non rendono nulla, faccia come ordina la nuraghelogia e i nostri grandi padri hanno sempre fatto: si prenda il morto e con molto rispetto lo si denudi e in questo stato lo si avvolga con un sacco d’orbace bianco e lo si porti dove è la sua pianta e lì apritegli una fossa, copritela di fiori e in piedi calatelo sereno e tutti gettategli una manciata di terra dicendo: alla santa gloria, alla santa gloria!

(faccio notare come si afferma che i popoli del mare seppellivano nella roccia, ma non dice affatto che la scavavano. Mettevano i morti nella roccia già scavata da altri in precedenza)

LXXXI

Nessuna traccia di tombe con ossa di morto devono trovare la gente venuta dal mare ed i venienti. Perché per loro un ritrovamento di queste tombe ad altro non serve che a raccogliere ciò che vi trovano senza alcun rispetto per le ossa del morto. Al Sardo queste cose non servono  per lui che sa che ciò che resta del suo corpo di quello che ha avuto quando era in vita, non gli fa né freddo né caldo.

Ma più di questo, cosa si deve dire per chiarire il fatto che le domus de janas non erano tombe? I sardi mai avrebbero costruito le domus come tombe per poi seppellire i defunti dentro il sacco di: “ORBACE BIANCO” per poi metterli nella terra!

 L’orbace era una speciale lana molto resistente e molto durevole nel tempo. Quindi la tradizione sarda riservava al defunto l’usanza del sacco di orbace in quanto quel sacco contenitore sarebbe durato parecchio anche sotto terra!

I romani non imposero la cancellazione del sacco di orbace poiché non era questo il punto, ma non potevano consentire la presenza di quelle maledette domus de janas. Prima o poi le popolazioni si sarebbero rese conto che con scalpelli di rame e di bronzo non avrebbero potuto costruirle loro e la spiegazione non doveva essere consentita. Quindi sarebbe emersa le domanda: chi le ha costruite? A questo punto i romani decisero di imporre quanto già avevano imposto altrove, ovvero in Toscana, Lazio e in tutta la penisola centro/sud dove le domus de janas erano presenti. Diversa cosa avvenne nel nord Italia ed Europa, in quanto i Celti incenerivano i defunti e mettevano la cenere dentro piccole anfore, ma soprattutto qui non vi erano le domus de janas da nascondere ai posteri!

Ribadisco quanto affermato da Raimondo de Muro, ovvero il fatto che i sardi anticamente non seppellivano assolutamente i defunti dentro le domus de janas, ma dentro i sacchi di orbace! I popoli provenienti dal mare avevano altre usanze! Faccio poi notare che la venuta dei popoli dal mare (fenici, cartaginesi, romani etc.) è avvenuta quando ormai da molto tempo le domus de janas non erano più costruite in quanto l’antico costruttore sardo non era più presente!

Da allora, scomparsi gli autori delle domus, la popolazione sarda iniziò ad usare le domus abbandonate. Non tutte si potevano convertire in abitazioni per l’uomo attuale, poiché molte domus erano troppo piccole e altre erano poste in posizioni non facilmente accessibili; su pareti scoscese oppure sottoterra. Dove però erano accessibili e adatte in quanto a dimensioni, furono adattate e trasformate in ripari, stalle, abitazioni. Per questo motivo e non perché ne erano stati gli autori, in seguito furono trovati resti umani, e si affermò che costoro fossero gli autori e, questo aspetto andò in favole dei mistificatori romani.

3- Splendido interno di domus de janas

A Raimondo De Muro si deve riconoscere il merito di aver messo nero su bianco, parte di quanto il sistema intendeva cancellare. Non per nulla il suo libro non ha avuto la visibilità che avrebbe meritato. Fatta la prima edizione, il libro è scomparso. Per fortuna qualcuno, probabilmente sardo e consapevole della strategia fuorviante messa in atto, ora lo ha messo in rete a disposizione di tutti.

Chiarito il fatto che le domus de janas non erano tombe, in Sardegna sono poi presenti le così dette: tombe a pozzetto. Andiamo pertanto nella zona sud nei pressi di Cagliari a vedere quella che è definita “La necropoli di Tuvixeddu”. La versione ufficiale qui sostiene che le tombe a pozzetto sono state realizzate dai fenici e dai cartaginesi, ma questa affermazione è tutta da rivedere e dimostrare. Vediamo come sono fatte.

4- Le presunte tombe a pozzetto

La soprastante foto 4/A ci fa vedere una parte della così detta necropoli di Tuvixeddu, ormai profanata mediante l’asportazione  dei lastroni che coprivano i pozzi. L’immagine 4/B ci fa vedere una ricostruzione per dirci come sono queste tombe. Quindi gli autori delle tombe avrebbero costruito nella pietra, dei pozzi non per l’acqua, ma per creare delle stanze sotterranee, dove venivano deposti i defunti. Questi pozzi a detta degli esperti, vanno da una profondità di tre metri, sino a nove.

Ora però, sempre a Tuvixeddu e con la sconcertante foto sottostante, andiamo a vedere lo spaccato reale, presente nella montagna adiacente. Troviamo camere sotterranee con tanto di pozzo discendente dall’alto. Se viste da sopra, queste ancora sono tombe a pozzetto. Se viste mediante lo spaccato, si inizia a sospettare che queste erano intenzionali dimore sotterranee con accesso verticale.

5- Spaccato dei camini verticali delle presunte tombe a pozzetto

Se le cose sono andate come da versione ufficiale, quando i fenici erano  in Sardegna, anziché navigare, pescare o costruirsi delle abitazioni, passavano la vita a costruirsi le tombe! Teniamo presente la quantità di materiale portato fuori dai pozzi! Tutto questo perfettamente logico in base alla versione ufficiale imposta da Roma!

La soprastante foto è inappellabile, venivano costruiti dei pozzi verticali che consentivano l’accesso a camere sotterranee, forse mediante sorta di scale o qualcosa del genere. Taluni pozzi erano a sé stanti, ma altri si collegavano tra di loro. Questo dato di fatto richiama alla mente un qualcosa di già visto altrove in Italia, ma in particolare mediante la sottostante ricostruzione  della città sotterranea di Derinkuyu, presente e visitabile in Turchia/Cappadocia.

6- Ricostruzione grafica di Derinkuyu

La differenza tra Derinkuyu e Tuvixeddu è unicamente la dimensione e la rete sotterranea di collegamento; non certo la tecnica di esecuzione, l’estetica e la motivazione di base. Derinkuyu è una grande città sotterranea vera e propria che si sviluppa diversi piani sottoterra; mentre a Tuvixeddu può essere paragonata ad un villaggio non sviluppatosi quanto Derinkuyu, o quantomeno se lo è, non è ancora emerso.

Indipendentemente però dal fatto che si tratti di città, di villaggi, di domus de janas isolate o di dolmen, occorre notare il presente aspetto costante: I dolmen erano ripari sotto roccia, idem le domus de janas, stessa cosa le costruzioni sotterranee. Ergo, questi costruttori avevano la necessità di difendersi da qualcosa! Occorre quindi andare a scoprire chi era il nemico. Lo scopriremo in un prossimo articolo, faccio però presente il fatto che il pericolo arrivava dal cielo o quantomeno dall’esterno, altrimenti non sarebbero andati sottoterra!

La spessa roccia era la difesa mediante i dolmen prima e le domus in seguito, ma poi neppure più questa bastava, quindi si rifugiarono sottoterra. Derinkuyu non fu costruita (come sostengono alcuni) da alieni per salvare l’essere umano dal nemico oppure da eventuali cataclismi. I ripari sotto roccia e sotto terra furono costruiti da una etnia umanoide coesistente all’essere umano come oggi lo conosciamo, che correva il rischio di essere spazzata via e probabilmente lo fu, da una fazione avversa! Le prove saranno fornite in un prossimo articolo, mentre ora lascio con la sottostante immagine. 

7- Vista dei pozzetti dall’interno

Si tratta di due foto scattate dall’interno di due pozzi di accesso, in cui si vede mediante la prima, il pesante lastrone superiore di chiusura e forse il foro di accesso. Nella seconda non vi è lastrone in pietra in quanto probabilmente asportato. Mentre si vede una rozza soffittatura in legno, probabilmente costruita in tempi molto più recenti per poter utilizzare il locale superiore e chiudo dicendo: cari sardi e non solo, affermando che le domus de janas non sono tombe, nulla vi tolgo, anzi, vi invito a valorizzare meglio ciò che avete a disposizione!

presenzealiene@gmail.com

Condividi questo articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *