Distruzione mura megalitiche

Vi fu certamente sulla Terra un periodo in cui degli esseri intelligenti similmente umani ma non come intendiamo l’umano di oggi, lavoravano con estrema facilità la pietra, come se avessero avuto a disposizione una enorme forza fisica e/o della tecnologia strabiliante. Spostavano e lavoravano pesi impossibili, pertanto oggi gli umani si domandano come ciò sia stato possibile. Il potere attuale, ovviamente per interesse di parrocchia, mediante la scienza e l’informazione, manipola e gestisce il tutto.
Fatta la premessa, andiamo al succo del presente articolo che non è tanto il porre attenzione in merito alle giunture poligonali oppure ai pesi impossibili, aspetti estremamente interessanti; ma quello di evidenziare un aspetto generalmente meno noto e, lo facciamo partendo dalla immagine sottostante proveniente da Plevrona ovvero Grecia. E’ evidente anche ai ciechi, il fatto che queste sono mura costruite con finalità militare, quindi difensiva. Non si tratta però di semplice muro difensivo per opporsi ad armi convenzionali quali spade, lance, frecce o catapulte, ma di cinta muraria atta ad affrontare armi e nemici di ben altra stazza. Ad un occhio esigente questa foto dice parecchio, poiché dice che la distruzione di questo muro ha qualcosa di non normale che tende sfuggire al ragionamento abituale.
1 da Plevrona


Uno dei tipici difetti umani a livello di ragionamenti, è quello di partire da presupposti dati per scontati, quando scontati non lo sono per nulla. Esempio: se un muro si presenta distrutto, significa che qualcuno o qualcosa lo ha distrutto. Si suppone che il muro è stato costruito e distrutto da mano umana, oppure da casualità naturale oppure dal tempo. Ora osserviamo il muro di Plevrona e domandiamoci: chi ha distrutto questo muro?
Se il terremoto ha fatto crollare il muro quando era certamente stabile e poi ha lasciato quanto visibile sopra l’arco, è certamente un terremoto molto strano e, quel masso con il vertice verso il basso non è poca cosa. Stessa cosa se è stato il trascorrere del tempo a generare il crollo. Poi si presenta il presupposto che il muro sia stato smontato da mano umana oppure causa esplosione, ma se così fosse la logica direbbe che prima si fanno cadere i massi posti in alto, e poi quelli in basso, pertanto quella scena non è congrua. Domanda: trattasi di caso singolo nel panorama mondiale delle mura megalitiche distrutte, oppure trattasi di uno dei tanti casi e pertanto ci troviamo di fronte ad una costante?
Risposta: l’incongruenza presente nei muri megalitici a livello di distruzione è una costante presente su tutto il pianeta; pertanto occorre domandarsi come ciò sia stato possibile e, a nulla serve tirare in ballo il tempo e le guerre note, quali autori. Se noi osserviamo quanto nel cerchiato in rosso, non possiamo non notare il fatto che i tre massi sono stati spaccati senza essere stati spostati! Ok. qualcuno sostiene che erano caduti e poi rimessi al loro posto; ma cadendo da quella altezza si sarebbero spaccati in quel modo? Ho affermato che questa è una costante, pertanto lasciamo Plevrona e andiamo a Cuzco Sacsayhuaman.

L’esistenza delle mura megalitiche indica che ad un certo punto su questo pianeta, una cultura umanoide non ben identificata ma certamente globalizzata, decise di costruire mura ciclopiche difensive ovunque. Ciò comporta per conseguenza, il fatto che vi fosse un nemico presente su tutto il pianeta dal quale doversi difendere. Se le mura furono così realizzate, significa che in quel momento quella efficienza difensiva era sufficiente; mentre in seguito poi si verificò il fatto che le barriere difensive non furono in grado di reggere, pertanto furono travolte e distrutte. Oggi tentando di ricostruire il passato, possiamo ipotizzare il fatto che gli dei preolimpici costruirono le difese megalitiche, mentre gli dei olimpici distrussero e vinsero lo scontro imponendoci in seguito la storia giunta a noi.

2 Sacsayhuaman

L’immagine soprastante ci fa vedere le mura ciclopiche/poligonali di Sacsayhuamán e, la prima domanda emergente è: trattasi di opera incompiuta, oppure di opera compiuta e poi distrutta? Se questa fosse un’opera incompiuta, le creste superiori dei muri non si potrebbero presentare in questo modo e, neppure vi sarebbero tre muri incompiuti. Prima si termina il muro interno e poi ci si dedica a quelli esterni, altrimenti quelli esterni ostacolano la costruzione di quello interno; oppure si fa il ragionamento inverso, ma allora occorre progettare il tutto in modo adeguato!
Per conseguenza ci troviamo di fronte a muri che erano stati terminati e poi distrutti. Anche perché un eventuale costruttore, non inizia contemporaneamente tre mura di cinta. Prima di incominciarne un secondo muro, termina il primo che comunque è già una parziale difesa!
Quando però si arriva ad ipotizzare quale può essere stato l’evento autore della distruzione, tutto diventa chiaro; occorre solamente porre la giusta attenzione nella corretta direzione. Ad un certo punto le mura di Sacsayhuamán sono state letteralmente disintegrate. Per meglio delineare il quadro, si tratta ora di stabilire se i grossi massi non più presenti, come alcuni teorici sostengono, sono stati recuperati per essere portati altrove, ma occorre evidenziarne la prova. Occorre spiegare per quale motivo sarebbero stati portati via i massi del muro interno anziché prima e totalmente quello esterno! Poi occorre appurare se le parti di mura mancanti sono state asportate, oppure letteralmente spazzate via da una forza che non conosciamo.

Se le mura fossero state smontate, lo smontaggio avrebbe seguito una certa progressiva modalità iniziando dal livello superiore del primo muro esterno, terminato il quale si sarebbe andati al secondo e poi al terzo. Ciò significa che non si vedrebbe quanto presente nel soprastante riquadro in giallo dove i massi sono lasciati in equilibrio precario al terzo muro. I massi tolti sarebbero stati portati immediatamente via; perché allora in zona ci sono massi sparpagliati anche in zona soprastante, quando eventuali massi ancora in zona ma da riutilizzarsi, dovrebbero al limite essere nella parte più bassa?
Se invece le mura sono state spazzate via da un’arma che potrebbe essere un’onda d’urto tale da farli volare via, all’ora vi sarebbe da domandarsi dove ha gettato tutti i massi mancanti. A questo punto non posso non ricordare che il così detto martello di Thor, il Mjöllnir, in base alla mitologia si dice che era in grado di spazzare via le montagne e, terminata l’azione, tornare in mano al suo padrone. Quali micidiali tecnologie avevano a disposizione? Fantasie? Servono a nulla queste prove? Volendo sono presenti pure in Italia, ma proviamo a considerare quanto ci offre la sottostante fotografia proveniente da Neandria in Turchia. Questo non è il pianoro dove volevano costruire la città di Neandria, questo è il luogo dove Neandria è esistita! Questo panorama, ma se ne potrebbero scegliere molti altri, presenta una costante certa: è presente palese incongruenza distruttiva.

3 Neandria.Turchia

INCONGRUENZA DISTRUTTIVA

Si dice che le antiche mura megalitiche nel tempo sono state smontate per servirsi del materiale di recupero; ma poi si riscontrano mura smontate con il materiale divelto ancora nei pressi; pertanto chi le smontava non era interessato a portare via il materiale, ma a continuare la distruzione delle mura. Poi arrivano gli esperti i quali sostengono che il materiale non è stato portato via, poiché l’intento era distruggere il muro e non il recupero del materiale. Questa tesi che in parte è razionale, diventa un presupposto irrazionale nel momento in cui la quantità di lavoro necessario per smontare le mura non è più razionale.
La soprastante immagine 3 ingrandita riguardante Neandria, ci fa vedere quanto è irrazionale la distruzione operata. I massi smontati dalle mura, non solamente non sono stati utilizzati altrove, ma sono frantumati e sparpagliati in modo incongruo rispetto un fine puramente distruttivo. Cosa ci fanno i massi portati ad una certa distanza o meglio ancora, cosa ci fa lì in quelle condizioni il masso presente nella foto 3/C? La conformazione non ha senso, poiché quel masso non è arrivato lì per caduta poiché già ci troviamo in cima ad un monte. Neppure ci è arrivato trainato da corde sopra tronchi o slitte.
L’enorme masso presente in 3/B non è roccia tratta lì nei pressi, non si trova collocata in modo definitivo e non può essere stata spostata per un fine di distruzione; quindi cosa è avvenuto?
4 interno-esterno del muro di Neandria

Si dice che quando i conquistatori conquistavano le antiche città, distruggevano le mura per non lasciare opere difensive, dopo il quale il materiale veniva recuperato e posto altrove. Bene, ammettiamo che questa sia la corretta tesi, ma per quale motivo i conquistatori di Neandria (foto 4/A) hanno distrutto il muro ma anziché far rotolare in basso i massi li hanno spostati all’interno per poi lasciarli lì?
Mediante la 4/B vediamo che sempre a Neandria il muro è stato smontato buttando all’esterno il materiale che però poi è rimasto in loco. A questo punto emerge la seguente logica: per costruire cose eccezionali occorre forza lavoro eccezionale, ma anche per distruggere le stesse si necessita di forza distruttiva adeguata!

Nei secoli, di fronte ad una immagine come la sottostante di Baalbek, migliaia di persone si sono poste in meditazione. Una delle domande di base è: chi e come ha potuto compiere un’opera del genere? Storici e ricercatori si sono scervellati nel tentativo di rispondervi. Hanno ipotizzato quanto le loro menti hanno permesso; ma alla fine tutti quanti si sono arresi. Tutti quanti erano in grado di portare delle verità parziali, ma l’insieme della faccenda non si svelava.
Il bandolo della matassa non si riesce a trovare in quanto due ostacoli lo impediscono. Il primo è che l’informazione ha carattere strumentale e fuorviante come da volontà di sistema. Il secondo è che i ricercatori continuano a credere alla versione dei perculanti di sistema. Un buon esempio per rivedere un certo capitolo della storia è quello relativo al famoso masso di Baalbek, foto 5 sottostante per il quale la domanda: come ci è arrivato lì?


5 Baalbek


La foto 5/A soprastante ci fa vedere la piattaforma di Baalbek. Come evidente la costruzione così come appare è il risultato di molteplici interventi avvenuti nel tempo, ultimo quello dei romani. Anticamente questa era considerata una base dal quale partivano ed arrivavano gli dei olimpici, ma nulla impedisce di supporre che la base originaria sia stata costruita dagli dei preolimpici sebbene poi ceduta.
La base non è stata ultimata, oppure dopo essere stata ultimata, è stata menomata del masso mancante? La logica favorisce l’ipotesi in base al quale quel masso non è mai arrivato nel luogo di destinazione. E’ poi evidente pure ai polli, seppure non ai cattedratici, il fatto che un masso del genere non può essere lì in quella posizione per mano umana.
Ciò significa che massi del genere erano spostati con tecnologie a noi non note e, mentre quel masso era in viaggio, qualcun altro con tecnologie altrettanto avanzatissime in questo caso armi, è intervenuto ed ha impedito la posa del masso presso la base di Baalbek. Quindi due fazioni in lotta dove una costruiva e l’altra distruggeva. Presumibilmente gli dei preolimpici costruivano strutture megalitiche difensive, mentre gli dei olimpici distruggevano. Mentre questo è avvenuto a Baalbek, è avvenuto su tutto il pianeta, Italia compresa. Motivo per il quale oggi vediamo quanto rimane nella misura e forma non iniziale, dopo l’intervento delle micidiali armi degli dei olimpici.


6 Sardegna sito di Prunittu (Oristano)


DISTRUZIONE ABITAZIONI
Questione di spazio impedisce un maggiore approfondimento circa la distruzione sistematica delle mura. Contemporaneamente e presumibilmente portata avanti dagli stessi autori di prima, erano distrutte le abitazioni di una parte degli abitanti. Chi distruggeva le mura ciclopiche, non distruggeva gli umani, altrimenti il pianeta si sarebbe trovato disabitato, ma distruggeva le abitazioni della etnia opposta, etnia compresa. L’etnia opposta è quella che prima di scomparire abitò i dolmen, poi le domus de janas, poi i villaggi del sottosuolo; ma ciò nonostante dovette rinunciare. In merito alla distruzione delle domus de janas le prove sono state riportate mediante questo blog, link in fondo; in questa occasione a conferma del fatto che le distruzioni delle mura ciclopiche e la distruzione delle domus de Janas avevano le stesse caratteristiche, menziono uno dei casi presenti in Sardegna, quello di Prunittu Buddusò, come da foto soprastante. Chi se la sente di dire come la montagna è stata disintegrata?

Qual ora poi all’umano mancasse motivazione per la ricerca, ricordo che ricercatori non allineati, per il fatto che la Terra è il pianeta dell’acqua, della vegetazione e della vita, pongono la seguente domanda: quanto in merito alla desertificazione del pianeta è dovuto a causa naturale e quanto a quella artificiale?

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